CARMINA BURANA
CANTATA SCENICA (1937) di CARL ORFF
per soli, pianoforte, coro e orchestra
“O Fortuna, “O Sorte,
velut Luna come la luna
statu variabilis, mutevole
semper crescis sempre cresci
aut decrescis” o decresci”
Chiara Tarquini soprano / Marco Santarelli tenore / Massimo Simeoli baritono
Tatyana Sapesko pianoforte
Coro Giuseppe Verdi di Roma
Anna Elena Masini maestra del coro
Orchestra Internazionale della Campania
Leonardo Quadrini, direttore
***Intervallo***
PINI DI ROMA
POEMA SINFONICO (1924) di OTTORINO RESPIGHI
I pini di Villa Borghese – I pini presso una catacomba – I pini del Gianicolo – I pini della via Appia
Orchestra Internazionale della Campania
Leonardo Quadrini, direttore
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I Carmina Burana costituiscono un corpus di testi poetici medievali dell’XI e del XII secolo, prevalentemente in latino, tramandati da un importante manoscritto contenuto in un codice miniato del XIII secolo, il Codex Latinus Monacensis 4660 o Codex Buranus, proveniente dal convento di Benediktbeuern (l’antica Bura Sancti Benedicti, fondata attorno al 740 da San Bonifacio in Baviera). Il codice è custodito nella biblioteca di Stato di Monaco di Baviera. Il termine Carmina Burana venne introdotto in occasione della prima pubblicazione del manoscritto. Il codice è suddiviso in sezioni: Carmina moralia di argomento satirico e morale; Carmina veris et amoris di argomento amoroso; Carmina lusorum et potatorum, canti bacchici e conviviali; Carmina divina, di argomento moralistico sacrale. I testi hanno argomenti evidentemente molto diversi tra loro: se da un lato troviamo i ben noti inni bacchici, le canzoni d’amore ad alto contenuto erotico e le parodie blasfeme della liturgia, dall’altro emerge un moralistico rifiuto della ricchezza, e la sferzante condanna verso la curia romana. Molte parole dimostrano chiaramente come gli autori di questi versi (i cosiddetti clerici vagantes) non fossero unicamente dediti al vizio, ma che si inserissero anche loro in quella corrente contraria alla mondanizzazione degli uomini di Chiesa. Nel 1937 il compositore tedesco Carl Orff musicò alcuni brani dei Carmina Burana, realizzando un’opera omonima. Orff scelse di comporre una musica nuova, sebbene nel manoscritto originale fosse contenuta una traccia musicale per alcuni dei brani. La prima rappresentazione fu l’8 giugno 1937 a Francoforte sul Meno. Mentre la prima rappresentazione italiana invece si tenne al Teatro alla Scala di Milano il 10 ottobre 1942.
Tra tutti i compositori della “generazione dell’80” che nell’Italia del primo novecento propongono un rinnovamento del linguaggio musicale, Ottorino Respighi ha forse il maggior respiro culturale a livello europeo. La sua produzione sinfonica coniuga il suo senso della natura, il suo interesse per l’animo e le tradizioni popolari e il gusto delle antiche forme liturgiche del Canto Gregoriano con vasti richiami alla contemporanea cultura musicale europea. In questo contesto nasce il ciclo dei poemi sinfonici romani (Pini di Roma, Fontane di Roma) in cui Respighi sfruttando le sue straordinarie doti di orchestratore, riporta le sensazioni provate nella visita della città di Roma; in Pini di Roma attraverso attraverso quattro quadri così denominati: I pini di Villa Borghese, I pini presso una catacomba, I pini del Gianicolo, I pini della via Appia.
Pini di Villa Borghese “Giuocano i bimbi nella pineta di Villa Borghese: ballano a giro tondo, fingono marce soldatesche e battaglie, s’inebriano di strilli come rondini a sera, e sciamano via”. Tutto il brano affidato ad una coloratissima orchestra, è un intrecciarsi di girotondi e di infantili fanfare militaresche. Dopo la rapida introduzione compare il tema principale (Oh quante belle figlie Madama Dorè) affidato al corno inglese, ai fagotti ed ai corni. Un improvviso cambio di ritmo caratterizza il secondo motivo che flauti, ottavino e pianoforte cantano su uno sfondo costituito dai trilli degli archi. Con il ritorno all’andamento iniziale ricompare il tema principale questa volta affidato agli oboi ed ai clarinetti. La parte successiva costruita sulla melodia di un nuovo girotondo sfocia in una fanfara di trombe. La successiva ricomparsa del girotondo viene ripresa ed intrecciata con squilli di marce, dall’intera orchestra che successivamente si avvia verso l’ultimo vorticoso crescendo.
Pini presso una catacomba “Improvvisamente la scena si tramuta ed ecco l’ombra dei pini che coronano l’ingresso di una catacomba: sale dal profondo una salmodia accorata, si diffonde solenne come un inno e dilegua misteriosa”. L’atmosfera diventa improvvisamente cupa e ci porta nei pressi di una catacomba. Dal profondo emerge sommessa la voce degli archi intercalata da un mesto cantabile dei corni e dai rintocchi gravi di una campana quasi a ricordarci la memoria di antichi martiri. Una tromba sola in controcanto con i violini rischiara l’ambiente con un inno mariano. Dal profondo si leva una salmodia affidata a clarinetti, corni e violoncelli che si trasforma gradualmente con l’entrata degli altri strumenti in un maestoso ed austero crescendo. Dopo il rapido spegnersi della salmodia una coda ci riporta alla cupa atmosfera iniziale.
Pini del Gianicolo “Trascorre nell’aria un fremito: nel plenilunio sereno si profilano i pini del Gianicolo. Un usignolo canta”. Il gocciolio dell’acqua dalla fontana introduce il brano con gli arpeggi del pianoforte mentre il clarinetto espone un tema sognante nel plenilunio che sovrasta i pini del Gianicolo. Gli archi che riprendono questo tema sono interrotti dalla celesta che ripropone il gocciolio della fontana. L’oboe presenta un nuovo tema che viene ripreso da un violoncello solo e sviluppato poi dagli archi con un ampio crescendo. Gli arpeggi del pianoforte, dell’arpa e della celesta ci ripropongono ancora una volta il gocciolio dell’acqua e ci portano verso la sezione conclusiva quando il clarinetto prepara il canto dell’usignolo che si perde fra i rami dei pini.
Pini della via Appia “Alba nebbiosa sulla via Appia. La campagna tragica è vigilata da pini solitari. Indistinto, incessante, il ritmo di un passo innumerevole. Alla fantasia del poeta appare una visione di antiche glorie: squillano le buccine ed un esercito consolare irrompe, nel fulgore del nuovo sole, verso la via Sacra, per ascendere al trionfo del Campidoglio”. Il ritmo del passo di marcia dell’esercito consolare è scandito da timpani, pianoforte, violoncelli e contrabbassi. I corni ci presentano frammenti di fanfare mentre i clarinetti introducono quello che sarà il tema conduttore di tutto il brano. Il corno inglese si inserisce con una melodia esotica, quasi una danza orientale, prima che i corni diano avvio al poderoso amplissimo crescendo cui si uniscono progressivamente tutti gli altri strumenti per preparare la sfarzosa conclusione. Da notare l’impiego di sei flicorni che sono uno strumento tipicamente bandistico poco usato in orchestra.
in caso di maltempo: Teatro dei Marsi di Avezzano (AQ)